Sunday, September 30, 2012

#13 Primarie che cas@%#$o.

da Gianluca Galletto, componente dell'Assemblea e della Direzione Nazionale


 Non si può non notare la situazione in cui il centrosinistra si appresta ad andare alle primarie per la premiership. Una situazione al limite del surrealismo. Se non fosse che siamo in Italia e parliamo di sinistra. Per cui il surreale e il reale sono una coppia affiatata (come il cane che somiglia al padrone).

Abbiamo già le squadre in campo che si stanno scannando, ma non c’è un arbitro e soprattutto delle regole che l’arbitro dovrebbe applicare.
 Va dato atto al PD del fatto che non sia guarnito di regole specifiche in quanto il suo statuto prevede una primaria aperta (non l’unico modo di fare le primarie) per eleggere il suo leader. Il che rende ridondanti primarie per la premiership. Si può capire che la situazione politica si sia evoluta e che la flessibilità del nostro sistema possa consentire di fare delle modifiche strada facendo. Apparentemente un  bene.

Io continuo invece a pensare che non lo sia affatto e che avere un sistema di regole certe e non cambiabili in continuazione sia un bene superiore perché impone un quadro di certezza che rende la competizione politica e tutta una serie di decisioni che ne discendono, fra qui quelle di policy, più chiara, più efficiente (meno costosa) ed più efficace. Ma questo vale, ahimè, a vari gradi, per tutto il sistema Italia. L’incertezza rende difficili le decisioni d’investimento. Che siano investimento di tipo economico, di tipo politico, legislativo, di qualsiasi azione dell’attività umana che comporta un uso di energie attuali in cambio di un risultato futuro.

Conosco il sistema americano ormai piuttosto bene, e soprattutto quello dello stato di New York. Qui esiste un calendario fisso delle scadenze elettorali, sia primarie che generali, che rende molto più semplici le scelte. È chiaro che siamo in un sistema presidenziale e non parlamentare (l’esecutivo in questo caso dipende da una maggioranza, nel primo no). Con tutto ciò che ne discende. Ma qui si applica a qualsiasi elezione, federale, statale locale. Inoltre, noi abbiamo introdotto sistemi di tipo presidenziale o simil-presidenziale per regioni, provincie e comuni.

In ogni caso, produrre un corpo di regole per le primarie a livello sistemico per il paese mi sembra un’ottima idea indipendentemente dalla forma di governo. Inoltre, sembra ormai che anche in casa della destra ci sia l’intenzione di questo strumento.

Nel PD si discute di avere o meno un registro degli elettori. Nel paese in cui vivo esiste la registrazione al voto. Nell’atto di registrazione, che si fa presso il “Board of Elections” del proprio stato, città o contea, si dichiara di voler votare alle primarie Democratiche, Repubblicane, del Working Families Party etc., a seconda di quei partiti che nello stato hanno richiesto e hanno i requisiti per esser inseriti sulla scheda elettorale. I board of elections sono delle agenzie governative in forma di commissioni bipartisan che fanno capo all’esecutivo. Hanno la responsabilità di controllare che il processo elettorale, incluso il finanziamento dei candidati, si svolga secondo la legge.

Ora, non si tratta di registri pubblici come qualcuno pensa. Non è che posso andare al comune di New York e richiedere l’elenco degli iscritti e spiare se il mio vicino sia un “registered democrat” o “registered republican”.  Si può benissimo avere un registro che garantisca la privacy. Inoltre, non vedo lo scandalo nel fatto che chi voglia partecipare alle scelte fondamentali di un partito o coalizione di partiti non debba sostenere il costo di rivelare le proprie preferenze, non al mondo intero, ma all’organizzazione che egli volesse concorrere a gestire. Anche perché l’organizzazione e la militanza hanno un costo, finanziario e personale.

Non è neanche uno scandalo avere una primaria aperta. Si tratta di una scelta. Qui, le primarie aperte esistono in una minoranza di stati, ma comunque richiedono una pre-registrazione.

Negli Stati Uniti le primarie furono introdotte alla fine dell’800 e si sono diffuse in tutti gli stati nei primi 25 anni del ‘900. Paradossalmente, sebbene la spinta venisse dal movimento della Progressive Era, che voleva rendere la politica meno elitaria,  furono introdotte per ridare al centro (dei partiti) il controllo della periferia. In quel periodo lo Stato entrò nella vita dei partiti regolandone alcuni aspetti fondamentali. Le primarie, anche quelle per il presidente, sono regolate stato per stato dalla legge elettorale in una sorta di forma integrata con gli statuti (bylaws) dei partiti. La legge fissa degli standard e permette d’integrare le scelte interne dei partiti con il processo elettorale e garantire tutti i cittadini. Perché in Italia, dove si dice in ogni occasione che i partiti sono uno dei cardini della nostra democrazia, non si possano stabilire delle regole valide erga omnes sulla loro vita interna? Basterebbe per esempio fissare degli standard minimi cui gli statuti debbano adeguarsi. Le scelte sono ampie. Si potrebbe dare il finanziamento pubblico solo se si rispettano gli standard, invece che renderli stringenti. Basta ragionarci sopra.

Sono vent’anni che siamo in fase di trasformazione costante della nostra costituzione materiale e le primarie sono divenute parte integrante delle scelte di metà del corpo elettorale. È arrivato il momento di considerare, non solo l’introduzione delle primarie nella legge elettorale, in modo che avvengano sotto il controllo dell’amministrazione pubblica, ma più in generale, di riformare tutto il processo elettorale, l’attività dei partiti e il loro finanziamento (altro elemento cardine di una democrazia che funzioni).  Da questo dipende la credibilità del sistema partitico e la salute della nostra democrazia. Il PD, avendo nel suo DNA le primarie, dovrebbe farsi promotore di un’iniziativa parlamentare in questo senso.

L’irritazione massima viene dall’obiezione più ricorrente a queste idee: “figuriamoci se dovessimo introdurre un registro degli elettori in Italia! Già vedo l’uso non etico dei registri per sputtanare una o l’altra persona o per altri scopi biechi”. Tradotto, “noi siamo un paese a basso tasso etico, immaturo e condannato ad esserlo per sempre”. Ma dove sta scritto?

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